
Eduard Popescu
Motus archivio in mostra
Motus racconta oltre 30 anni di attività con FUTURE IN THE PAST, la mostra-atlante in cui la compagnia espone attraverso video, documenti sonori, testi, fotografie e materiali grafici, sedimentati nel tempo in forma non ordinata.
Come suggerisce il titolo della mostra, secondo Motus il futuro e il passato non stanno in una dicotomia che li distanzia e li fa sembrare irrimediabilmente lontani, per escludersi a vicenda, piuttosto, li troviamo entrambi, contemporaneamente. Scivolare nel passato non è ripiegamento nostalgico nella memoria di ciò che è stato, ma si apre, si fa piega, incrinatura, interferenza, glitch, che aiuta a ridefinire questioni legate al contemporaneo e si fa strumento per immaginare nuovi futuri.
FUTURE IN THE PAST è un tentativo di attraversare, infestare e de-costruire un archivio teatrale lungo 35 anni. Motus racconta: “Abbiamo allestito non pensando a uno stare immobile, ma secondo una nuova temporalità in cui passato, presente, e futuro si attraversano a vicenda, lacerandosi, facendosi, ognuno, strumento per questionare l’altro. Nel percorso espositivo vogliamo mantenere accesa la liveness stessa del teatro, procedendo per tracce, evocazioni, associazioni; gli elementi estrapolati rimandano alla nostra ricerca, ma allo stesso tempo creano un’ambientazione, si mettono in scena, cambiano il perimetro della stanza, delineando “un altro”, possibile spazio scenico”.
Oggetti, suoni, immagini, parole, rumori stanno insieme nelle varie stanze per associazioni (tattili, visive, sonore ecc…) e ricreano uno spazio “cumolonembico” per nuove riflessioni. Le sale del museo sono pensate attraverso una divisione tematica, che accorpa, quindi, progetti diversi, agglutinati per vicinanza di orizzonti, Leitmotiv che si ripetono e si ritrovano. I temi scelti, le parole chiave, sono, per ogni stanza, evocati da una frase, una citazione, che funge da collante, da mappa per insinuarsi tra le relazioni che connettono l’eterogeneità degli elementi presenti, ma diventa anche ponte con il contemporaneo. Parole-breccia che ci parlano delle esigenze e dei riferimenti che hanno accompagnato le ricerche di Motus, e che rimangono, allo stesso tempo, laceranti e necessarie verso questioni odierne e future.
“Vogliamo considerare questa esposizione più come Atlante che come Archivio per amplificare essenzialmente la dimensione performativa di questo accumulo esploso di materiali che diventano collante, cerniera e nuova soglia. Se da un lato scardiniamo la linearità, dall’altro esasperiamo nel modo più caotico possibile la moltitudine di materiali raccolti nell’albero archivistico (dalle rizomatiche radici). Ciò che ci interessa “inscenare” è proprio quel momento che sta in mezzo, che precede la stessa catalogazione. Si aprono scatoloni, si sfogliano quaderni: parole, fotografie, ri-emergono indicando altre traiettorie, si illuminano nuove nuance interpretative. Il tempo assopisce ma al tempo stesso nutre e concima, fa germogliare visioni future. Ecco, abbiamo tentato di ricreare l’istante in cui tutto è ancora esplosione confusionaria, commovente e spaventosa, un caos bellissimo e impossibile da riordinare, una massa informe che non è nulla ma rivela una tensione, un’energia inesauribile perché non è incanalata da nessuna parte, ma potrebbe potenzialmente diventare ancora qualsiasi altra cosa”.
La mostra diventa un’opera a sé, oggetto artistico autonomo fatto di frammenti, pezzi, scarti delle tante opere catalogate e numerate, che, nella collisione e convivenza all’interno di ogni stanza, generano un evento performativo nuovo. Come solito nel percorso di Motus, si fluttua fra i linguaggi lasciando il visitatore libero di creare la “propria collezione”.
“Un’opera aperta – afferma la co-curatrice Ilaria Mancia – che dura 35 anni e prosegue nel qui e ora (come in ogni circostanza del performativo), una mostra che espone il suo stesso formarsi fatto di attraversamenti di membrane porose, dove ciò che era nascosto nelle trame del lavoro viene ri-posizionato e condiviso; appare delicatamente per poi sparire di nuovo, attivando una relazione con lo spazio che si fa tempo e viceversa. Nella collisione fra archivio e mostra del lavoro di una compagnia teatrale come Motus, si crea la possibilità di una nuova forma di drammaturgia fluttuante, che si dilata e si riannoda attraverso temporalità diverse che si mescolano e si fanno simultaneità immersiva. L’attraversamento dello spazio espositivo creerà nuove trame che si vivificano, fra tessiture e narrazioni, a ogni passaggio”.
Anche il portale dell’archivio digitale (archivio.motusonline.com) realizzato con i partner di progetto 4Science e la Biblioteca Civica Gambalunga – Comune di Rimini con la preziosa cura dell’archivista Mara Sorrentino, pur nella linearità cronologica della catalogazione, apre possibilità di salti tematici e percorsi di lettura personalizzati e destrutturati.
FUTURE IN THE PAST è pensata anche come luogo in cui sostare, sdraiarsi, perdere tempo nell’ascolto o nello sfogliare quaderni di regia, entrare negli spettacoli da un altro punto di vista, che non è quello voyeuristico dello spettatore/spettatrice, ma quello del/della collezionista, del curator, di colui e colei che analizza scientificamente i componenti e li ri-nomina secondo un proprio lessico. Una mostra da abitare e con cui interagire lasciando tracce scritte o sonore, facendosi performer dello spazio espositivo che diviene nuovo palcoscenico per accogliere piccole azioni sceniche e posture.
un progetto di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande
con il contributo di Beatrice Ottaviani
e la co-curatela di Ilaria Mancia
allestimento Lucia Mussoni e Damiano Bagli
produzione Dea Vodopi
grafica Federico Magli