I saw light in the buildings at night
I saw light in the windows as I passed them by
On the river. On the ledge. On the bridge
On the side of your face at the bar
It went dark. I saw light
(Kae Tempest)
I Saw Light è titolo del nuovo progetto teatrale di Motus con 10 allievi attori e allieve attrici dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni, realizzato con il Teatro Stabile del Veneto. È anche il titolo di un brano musicale di Kae Tempest, dal suo ultimo album The line is a curve: un testo/poema bellissimo composto e eseguito con Grian Chatten, il cantante dei Fountaine DC, che con la sua I Love You accompagna anche uno dei momenti “spaccacuore” del nostro ultimo spettacolo Frankenstein (a love story).
Una “connessione” con il nostro ultimo lavoro che cerca comunque la luce in una storia cupa e tenebrosa come il romanzo di Mary Shelley…
Questo cercare/vedere anche quando si sta facendo buio, anche in questi tempi oscuri, è il tentativo che vogliamo condividere con il gruppo di giovani attori e attrici che si affacciano ora all’insidioso panorama teatrale. Trasmettere e incarnare quella luce, quella forza che questa straordinaria poeta e rapper londinese queer, (che da poco ha abbandonato il nome Kate per divenire Kae e dichiarare definitivamente il proprio non-binarismo) porta con sé sul palco e travolge.
Sarà una composizione collettiva e corale dentro le sue strabordanti parole, (da ora useremo il pronome maschile, anche se in inglese usa They /Them) in varie forme, poesie, lyrics, romanzi, testi teatrali … in lui del resto tutto è connesso al di là delle barriere fra generi e per questo amiamo questo poliedrico artista. Ci guiderà in particolare una sua raccolta Let Them eat chaos, (2016) tradotto anche in italiano dalla casa editrice E/O, che è anche lo spartito delle tredici tracce che compongono l’album omonimo.
In questa raccolta in particolare, ma forse in tutta la sua opera, Kae racconta lo spaesamento, le ansie, le frustrazioni e le aspirazioni degli abitanti di una qualsiasi metropoli occidentale che si chiedono dove stia andando la loro vita, e il mondo e lo fa ibridando i generi, creando un’immagine vividissima e aperta che lascia al lettore, ascoltatore, spettatore la scelta di avvicinarsi come crede. Picture a vacuum esordisce decisa la voce di Kae Tempest.
“Immaginate un vuoto/un buio immobile e senza fine”.
Siamo nello spazio, sospesi fuori dal tempo e dalle emozioni. Da qui la Terra è solo un puntino luminoso, una morbida superficie blu e verde dall’aspetto confortevole. Una sensazione che sparisce via via che l’immagine si ingrandisce, la voce di Tempest che aumenta di ritmo:
Man mano che vi avvicinate alla superficie, tutta la pace
che avete mai provato è rimpiazzata da questa furiosa
passione
mai provata.
State provando emozioni.
Per la gente. Per la vita.
Le loro facce brillano dentro di voi. State provando emozioni.
Volete essere vicini a loro.
Ancora più vicini
Da qui partiremo, per avviare il lavoro di ricerca e composizione: un viaggio fra parole e musica e l’odore dei corpi che tanto di nuove emozioni e abbracci collettivi hanno bisogno. Sarà un lavoro corale dove non emergeranno i talenti o debolezze dei singoli, ma le CONNESSIONI … Così si intitola il saggio che affiancherà il lavoro (On connection, tradotto anch’esso in Italiano da Riccardo Duranti per E/O nel 2022): il suo primo trattato teorico dove ci invita a focalizzarci su di un altro tipo di connessioni, al di là dii quelle digitali. Nessun uomo è un’isola, per citare John Donne, ma siamo sicuri che in quest’epoca di iperconnettività ci possiamo definire davvero legati – o connessi – gli uni agli altri? Kae ci invita, in una società iper-individualista, competitiva e sfruttatrice, a uscire dal nostro “torpore”, una reazione che ci ha portati a raggomitolarci su noi stessi in risposta alla crisi globale. Questo intorpidimento ha una sola, quasi ovvia, reazione: la creatività.
Quella a cui fa appello è la creatività che nasce proprio per suscitare qualcosa nell’altro, ed è la chiave di tutto, la spinta generatrice che ci fa scavalcare il mero “apparire” dettato dal consumo, per connetterci con l’altro su di un livello più profondo…
E aprire gli occhi per imparare a vedere la luce anche dove non c’è.
Screaming at my loved ones to wake up and love more.
Pleading with my loved ones to wake up and love more.