“L’erba Cativa (l’an mor mai)” è una performance collettiva che trae ispirazione da alcune immagini e parole intramontabili, per la loro carica sovversiva, dall’ Orestea di Eschilo ed in particolar modo dalla figura delle Erinni Furiose, “quella prole funesta della notte” che simboleggia anche la indomabilità della natura selvaggia. Figure ribelli e difficili da incasellare. Presenze enigmatiche e misteriose come sono stati i performers della parata che hanno fatto irruzione nel centro del Festival di Santarcangelo 2015, sabato 18 luglio.
Pasolini in “Appunti per un’Orestiade africana” associa le Furie o Erinni agli enormi alberi, scossi dal vento, della foresta africana,.
“Le Furie sono irrappresentabili sotto l’aspetto umano e quindi deciderei di rappresentarle sotto un aspetto non umano. Questi alberi, per esempio, perduti nel silenzio della foresta, mostruosi, in qualche modo, e terribili. La terribilità dell’Africa è la sua solitudine, le forme mostruose che vi può assumere la natura, i silenzi profondi e paurosi. L’irrazionalità è animale. Le Furie sono le dee del momento animale dell’uomo”*
Partendo da questa metafora Andreco ha disegnato i simboli e tutta l’iconografia della parata “L’erba cativa”, interamente allestita durante il workshop Go Deep, coordinato con Motus, presso l’ex cinema Astoria di Rimini, a fine giugno. Go deep è stato un intenso percorso partecipato, articolato in dieci giorni di lavoro collettivo, che ha coinvolto trentacinque ragazzi e ragazze per lo più appartenenti al territorio Romagnolo e provenienti da vari ambiti artistici. Una esperienza indelebile che ha generato la nascita di un nuovo collettivo d’artisti “Godeepers”, che continueranno ad agire autonomamente sul territorio, anche in prospettiva della riapertura dell’ex Cinema a Rimini, chiuso da 10 anni.
La parata è iniziata nel Parco dei Cappuccini, con lo scuotersi delle fronde degli alberi e dei cespugli (biancospini spontanei e pioppi) per concludersi nello Sferisterio della città di Santarcangelo dopo aver attraversato tutto il centro storico. La parata crea un legame immaginario tra lo spazio naturale (il boschetto del parco dei cappuccini) e il centro della città (il lastricato di piazza Ganganelli). Tutto il percorso è stato accompagnato da una colonna sonora noise sperimentale, alternata a vari cut up di testi e registrazioni di suoni della natura, composta dai musicisti del collettivo e trasmessa da 4 diffusori portatili auto-costruiti. Ci sono state varie soste, con performance fulminee: tra queste la “presa del Campanone” della città sul quale sono stati issati due stendardi con raffigurati rami neri di cespuglio e una foglia incrociata con un coltello, come “nuove armi naturali”. Il misterioso corteo ha raggiunto Piazza Ganganelli per creare una potente immagine collettiva connessa all’installazione “biancospino Illegale”: un treppiedi che sospende nell’aria una nuvola verde formata da alcune piante di biancospino, pianta autoctona per cui recentemente è stata severamente vietata la messa a dimora perchè portatrice di un virus chiamato “colpo di Fuoco” che danneggia le piante da frutta (peri, meli, peschi) per cui si è ottenuta una deroga sulla legge per i soli 10 giorni del festival. In questo modo la parata ha unito simbolicamente questa pianta illegale e bandita, con le sue sorelle che, paradossalmente, crescono spontaneamente a poca distanza nel bosco dei cappuccini. All’arrivo allo sferisterio l’atto finale della performer Ondina Quadri è stato quello di bruciare una bandiera delle venti dipinte da Andreco, raffigurante una nuvola. La nuvola in fiamme, fra le sonorità crescenti, accompagnava le ultime parole della parata: una citazione dall’Orestea tradotta da Pasolini.
Come spiegare che abbiamo rotto la catena che fa del Passato fonte di certezza,
La certezza di cui siamo sazi e insaziabili
La certezza che dal fondo dei secoli dà ragione di essere ad ogni istante atto della città;
La certezza che ci salva dallo scandalo…
Una certezza che si nutre di viltà, mediocrità e ferocia.
Ma a che serve una certezza fondata sul terrore?”**
“Voi non ci avrete mai!”
Hanno partecipato a Godeep: Damiano Bagli, Simona Baro, Emiliano Battistini, Lucia Benegiamo, Carlotta Borasco, Iolanda Di Bonaventura, Viola Domeniconi, Julia Filippo, Francesca Fioraso, Diego Giannettoni, Francesca Giuliani, Kage, Biagio Laponte, Ileana Longo Goffo, Mattia Guerra, Valentina Marini, Francesca Macrelli, Federico Magli, Beatrice Monti, Filippo Moretti, Lucia Mussoni, Sara Oliva, Gianluca Panareo, Ondina Quadri, Caterina Paolinelli, Elena Ramilli, Sofia Rossi, Maria Giulia Terenzi, Michela Tiddia, Valentina Zangheri, Martina Zena.
L’audio della parata prodotto dai musicisti presenti nel workshop è un’ insieme di ricerca sonora sperimentale, musica concreta e registrazioni di voci e suoni della natura fatti risuonare in città. L’audio è stato diffuso tramite degli impianti portatili sperimentali autocostruiti. L’audio è stato successivamente racconto in un album on-line dal nome [ GoDEEP [WHERE LIGHT AND DARKNESS CLASH] – Original Soundtrack
*12. P.P. PASOLINI, Appunti per un’Orestiade africana, in Pasolini per il Cinema, cit, vol. I, p.1183.
** P.PASOLINI ORESTEA di ESCHILO
Andreco è artista romano residente a Bologna. Dottore di ricerca in Ingegneria Ambientale ha condotto ricerche post-dottorato sui benefici ambientali delle tecnologie verdi in aree urbane (Università di Bologna e Columbia University, New York). Dal 2000, parallelamente alla formazione scientifica, porta avanti la sua ricerca artistica, utilizzando diverse tecniche e media, installazioni, murales e arte pubblica, sviluppando il tema centrale del rapporto tra spazio urbano e paesaggio naturale, e tra l’uomo e l’ambiente in tutte le sue declinazioni. Andreco ha partecipato a mostre e festival a livello internazionale. Nell’ultimo anno (2014-2015) Andreco ha realizzato il Vecchione di Bologna, la scultura di dodici metri che brucia in piazza per inaugurare l’anno nuovo, la mostra personale “From Clouds to Rocks” presso la Traffic Gallery di Bergamo, ha partecipato alla mostra “Urban Legends” al Museo MACRO Testaccio di Roma, alla mostra “il Collasso dell’Entropia” presso il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (MI) curata da Alberto Zanchetta, al festival di Arte Pubblica “Nuart” in Norvegia, ad Artefiera a Bologna, al progetto indagini sulle Terre Estreme a Leuca curato da GAP e Ramdom, è stato selezionato per Videoart Year Book del dipartimento di Arti Visivi dell’Università di Bologna e l’immagine simbolo di Bolognaestate 2015 il programma culturale estivo del comune. Nel 2013 Andreco ha partecipato a “Open in Painting” curato da Gianluca D’inca Levis per Dolomiti Contemporanee, ha realizzato una scultura permanete presso il parco di Wilhelmsburg ad Amburgo per il “Unkraut, Dockville Kunst Camp” e un dipinto murale permanente in Piemonte per “Fermenti Musei”. ha realizzato il dipinto murario “The Philosophycal tree” per il festival “Frontier” organizzato dal Comune di Bologna, patrocinato dal museo MamBo e curato da Claudio Musso e Fabiola Naldi. Nel 2011 ha esposto presso la “Nosphere gallery” di New York con la mostra personale “Contemporary alchemy, the relations between the humans and the nature”.