O.F. ovvero Orlando Furioso

1997

O.F. ovvero Orlando Furioso
impunemente eseguito da Motus

uno spettacolo di Enrico Casagrande, Daniela Nicolò, David Zamagni

con Giancarlo Bianchini, Enrico Casagrande, Cristina Negrini, Daniela Nicolò, Cristina Zamagni, David Zamagni

suono AZT+ Endy Bighouse

luce Enzo Fascetto Sivillo

realizzazione scenica AZT & MOTUS

regia END

relazioni Sandra Angelini

produzione Associazione MOTUS in collaborazione con Comune di Rimini

©Cristina Zamagni

“L’amore stesso è una macchina da guerra dotata di poteri strani… quasi terrificanti… la sessualità passa per il divenire-donna dell’uomo e il divenir-animale dell’umano…”

G.Deleuze-F.Guattari da Mille plateaux

O.F. si ispira all’Orlando furioso di Ariosto, ma in particolare, del poema, coglie la trama del folle amore di Orlando per Angelica. Un amore cieco, unidirezionale, platonico, angelico che, nello spettacolo, assume tutte le connotazioni dell’epoca contemporanea. Una pedana circolare in movimento ospita i corpi degli attori. Denudati come body artisti in attesa della performance. Se alcuni stanno immobili a simulare un erotico tableau vivant, altri si esercitano in pratiche sadomasochistiche con tanto di oggetti da sexy shop. Uomini a torso nudo con croce al collo e ghirlanda di rose rosse sulle spalle. Donne in bianco che frustano il pavimento o in nero che passeggiano un cagnolino.

Orlando veste un abito che gli lascia nudo il ventre. Ha ben tre spade. “Io sono Orlando e ho ucciso giustamente” sentenzia una voce fuori scena. Angelica porta i capelli rossi sbarazzini e ascolta musica in cuffia da un walkman. Le immagini fetish che avevano fatto la loro comparsa in Catramepersistono su questa piattaforma girevole che sembra voler rappresentare il continuo inseguimento presente nel poema dell’Ariosto. Ma è anche una moderna sfilata di moda, una passerella inafferrabile e effimera, in cui tutto passa. Una sexy crocerossina. Una sensuale maliarda nuda sotto l’ampia pelliccia.

La sessualità ambigua, ancora una volta, si fonde con l’immagine del Cristo, mentre falli di plastica vengono indossati da un ormai sconfitto Orlando. Sulle note di una sgraziata My way, Angelica e Orlando si incontrano in un rapporto servo-padrona in cui lei lo tiene al guinzaglio. Fallito anche questo estremo tentativo di relazione, nonostante i tentativi di ingrossamento e gonfiamento del dildo, all’eroe non resta che cedere, arrendersi, abbandonare.

Se del testo originale resta davvero poco – eccezion fatta per alcuni versi recitati con voce pastosa da Arnoldo Foà – l’atmosfera generale, il continuo raddoppiarsi dei personaggi, l’inafferrabilità della situazione, la bramosità di un amore non corrisposto, sono i capisaldi del poema e anche dello spettacolo.

presentazione di Patrizia Bologna

Note di regia

Da Catrame ad Orlando Furioso… da uno sguardo cinico e freddo sul “qui ed ora”, allo splendore delle corti, dell’amore cavalleresco, alla crisi del Rinascimento, alla follia anarchica e distruttiva… non è così folle il passaggio: l’ansia manierista ci assale ed oggi più che mai il nostro teatro si imbeve “d’eroico furore”…

O.F. diviene oggetto d’analisi, passato al bisturi dell’ossessione per il tempo scenico: non è una messa in scena dell’Orlando Furioso, non ci interessa la rappresentazione, ci interessa l’esecuzione, il processo mentale tramite cui entriamo in un argomento, un testo, un poema epico (è la prima volta che lavoriamo su un’opera del genere) e lo sventriamo.

Ci sono pochi nodi che fondamentalmente ci assorbono nell’Orlando, al di là della struttura dello scritto, circolare, labirintica, dislocata su “mille piani” di senso, che già di per sé è fondamentale input alla composizione: quello che ci affascina è l’ossessione unilaterale, assolutistica, maniacale di Orlando per Angelica, donna fredda, crudele, calcolatrice, irraggiungibile.

L’ossessione che porta alla feticizzazione dell’oggetto del desiderio.

L’ossessione che porta all’abbandono del “quieto vivere” fino a divenir-animale, prima cane fedele, poi furioso, appunto, per lei, solo per lei.

L’ossessione del ricostruire continuamente le scene, “i quadri” del poema, i punti focali in cui Angelica pare esistere, modificandoli di volta in volta, intervenendo sulla composizione delle immagini, come l’Ariosto/regista scriveva e riscriveva gli stessi versi per cercare l’acme irraggiungibile della perfezione: diverrà questa la unica, vera messa in scena e messa a nudo dei processi compositivi del teatro stesso.

La struttura scenica è allora anch’essa elemento drammaturgico: una grande, vorticosa piattaforma ruotante: circo, giostra d’esposizione atroce degli eroi/eroine del poema, in ieratiche pose pittoriche… luogo di vertiginose battaglie e patetiche relazioni amorose… pedana circolare posta al centro di una Croce di passerelle sopraelevate, che amplificano il frenetico passaggio dal moto alla stasi, al moto, alla stasi… della complessa “meccanica del desiderio” del poema.

La CROCE della scena la CROCE di Orlando:

«Il fantasma non è l’oggetto: è scena. Nel fantasma il soggetto non mira all’oggetto, ma raffigura se stesso nella sequenza d’immagini..».

Uno+uno: un Orlando agisce – uno guarda – Orlando é/ non è sul podio: si guarda agire, si ascolta, si bacia, si ferisce: abita il LIVING ROOM della scena/grande macchina onirica / museo di feticci/reliquie di LEI: A.

DOVE SONO IO ATTORE? Dove è il poema? La Storia? Tutte cazzate.

IO NoN RaccontO OrlandO. IO SonO OssessionatO da OrlandO. Io sputo Orlando, io vomito Orlando io sudo Orlando da tutti i pori… Entra, vieni a prendermi, se hai coraggio! NON HO PIU’ NIENTE DA PERDERE. Ecco da qui parte quello che definiamo spettacolo teatrale: una volta digerita la storia, dimenticati gli appigli rassicuranti alle scene (incontri/battaglie/fugaci apparizioni/patetiche relazioni amorose… scorrono sul fondo, durante, compaiono a frammenti come Icone, Cartoline-ricordo): facciamo una croce sulla rappresentazione, per scavare in profondo, per fare uscire sangue e mettere a nudo la vergogna…

MOTUS in verità (né più né meno, come sempre).

È il mio cuore messo a nudo.

©Cristina Zamagni

©Roberto Rognoni

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©Maurizio Zanirato

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