Orpheus Glance

2000

Regia Enrico Casagrande

Elaborazione drammaturgica Daniela Nicolò

Con Dany Greggio, Cristina Negrini, Enrico Casagrande, Tommaso Maltoni e Mackita

 

Modulo abitativo Francesco Riccioli

Macchinerie Tommaso Maltoni

Suono Enrico Casagrande, Massimo Carozzi

Fonica Carlo Bottos

Luce Daniela Nicolò

Fotografie Donatella Discepoli

Organizzazione e ufficio stampa Sandra Angelini, Marco Galluzzi

Una coproduzione C.R.T. Centro di Ricerca per il Teatro, Milano

In collaborazione con E.T.I., Festival Santarcangelo, Bologna 2000, Infinito Ltd Torino, Cankarjev Dom Lubiana

Si ringrazia:

Per gli arredi Retroattivo, Santarcangelo di Romagna
Per i plasticiItalia in Miniatura, Rimini
Per le attrezzature sportive Proform, Associazione T 90, Milano

©Donatella Discepoli
©Roberto Rognoni

“… Cantare in verità è certo altro respiro. Spirare a nulla. Un soffio nel dio. Un vento”
R.M.Rilke

Questo spettacolo è dedicato a Jean Cocteau ed a Nick Cave, Orfeo vivente.

Il progetto Orpheus nasce a Sarajevo dove, nell’ottobre 1998, i Motus tengono un workshop di venti giorni nell’ambito di “Sei workshop per Sarajevo” per la Biennale dei giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo. Questa esperienza si conclude con l’evento Overhead Orpheus che viene riproposto alla Biennale Giovani di Roma in collaborazione con la Fondazione RomaEuropa.

La figura di Orfeo si fonda su una desolazione che già aveva contraddistinto il protagonista dell’Orlando furioso: l’ossessione, l’infinita passione nei confronti di una figura femminile irraggiungibile. Il vuoto che imprigiona Orlando e Orfeo viene colmato, nel primo caso, con la pazzia, nel secondo, oltrepassando la soglia degli inferi. Mito e pubblicità caratterizzano lo studio e la ricerca di questo spettacolo allestito tra ambienti illusori e labirinti onirici fatti di specchi.

Il progetto Orfeo è stato il primo esperimento di presenza cinematografica nell’opera teatrale: cinema non inteso in quanto riferimento semantico o citazionista, bensì come sperimentazione di un taglio cinematografico, come montaggio di scene che vengono unite non dalla sequenzialità narrativa ma da quella visiva.

Prima di giungere al debutto definitivo, lo spettacolo si è dipanato attraverso una serie di eventi unici in avvicinamento alla nuova produzione, ispirati alleElegie Duinesi e ai Sonetti di Orfeo di Rainer Maria Rilke. Nel 1999 viene presentato Aureole alla Sala del Maniscalco di Urbino e al Link di Bologna. Al Teatro Franco Parenti viene mostrato étrange (étre-ange), al Palazzo Cenci e al CRT di Milano étrangeté. Lo sguardo azzurro, a Volterra étrANGEté: riflessi 999.

Orpheus glance debutta nel marzo 2000 al Teatro Kismet Opera di Bari. Lo spettacolo viene ambientato in una vera e propria casa: un appartamento a due piani dalle pareti rosse. L’abitazione di Orfeo altro non è che l’Ade, mitologico e cocteauiano, dove sono presenti tutti i luoghi del vivere quotidiano, ricostruiti nei minimi dettagli e vissuti con pratica gestualità: bagno, cucina, soggiorno, camera da letto. L’arredamento è composto da mobili appartenenti a diversi stili, mentre invisibili ventilatori soffiano sulle tende che delimitano lo spazio dell’appartamento, lasciandone intravedere gli interni e movimentandone la visione. Lo specchio assume la valenza di doppio del reale, capace di riflettere figure fuori dal tempo. Il dramma si consuma tra le pareti domestiche, dove attori armati sono intrappolati, pronti ad uccidere le cose che amano. Each man kills the things he loves canta l’Orfeo rockstar protagonista, in occhiali scuri e sigaretta tra le dita, ma anche una canzone arrangiata sulle parole di Pozzo di infelicità, poesia di Nick Cave. Ed è infatti a questa icona pop del genere dark post romantico che lo spettacolo è dedicato. E allora Orfeo diviene un artista rock calato in una quotidianità fatta di alcolici e disperazione. Al telefono, appresa la notizia della morte dell’amata, urla «She is dead! It’s not true! It’s not true!». E mentre vomita nella tazza del water, una giraffa di plastica ruota su un giradischi proiettando nella sala enormi e terrificanti ombre.

presentazione di Patrizia Bologna

Note di regia

Non temo l’abisso, scendo in esso. Rischio. Vado là dove non so, oltre lo specchio, scendo e ti guardo. Ora nella violenza dell’attimo che arresta, comprendo, vedo la nudità del volto, l’essere senza protezione, l’orrore dello svelamento. Non ti avrò mai, ora so. Mai. Ora posso tornare. Là, dove il mio canto triste incanta e pervade, là nello spazio del desiderio, nei salotti borghesi delle attese e delle separazioni, sui palcoscenici abbaglianti a farmi divorare dagli sguardi…

Orfeo, il mitico, cupa rockstar dell’inframondo, mette in bilico le certezze, vive in simbiosi con il qui e l’ora del teatro e l’intervallo, la pausa, il deep nothing dell’imprevedibile. Tutto esplode nella morte di Euridice: un blues struggente e malinconico invade la sala e si diffonde… poi silenzio denso e sonoro, svuotamento del palco dell’anima; ha inizio lo spettacolo: la dissoluzione dell’eroe.

Il tempo intimo e solitario, della perdita, accolto dalle mura domestiche, va lentamente destrutturandosi, si fa sogno/incubo/ossessione che corrode progressivamente la linea di separazione fra visibile ed invisibile: fra teatro e cinema. Tutto precipita e s’infrange sino alla inevitabile discesa di Orfeo verso Euridice, verso la Morte… o verso entrambe?

Poi l’incontro.

… Se si è giunti al Deserto dove regna l’assenza di rapporto, dove il vuoto immenso si fa più vuoto: là bisogna UCCIDERE IL COMPAGNO O LASCIARSI UCCIDERE, per riconoscere, per verificare la sua presenza, ecco il PURO RAPPORTO.

QUESTO MOVIMENTO è IL RISCHIO STESSO.

La parola è racchiusa fra la violenza che dà la morte e l’incanto dell’impossibilità di morte, fra la VIOLENZA DEL DESIDERIO IMPAZIENTE DI ORFEO – che dà la morte – e la DISMISURA DELLA PASSIONE DI ORFEO CHE LO RENDE INFINITAMENTE MORTO.

Nello spazio di questa duplice violenza, che pare acquietarsi per un momento, come puro movimento immobile… risiede ORPHEUS GLANCE

©Donatella Discepoli
©Roberto Rognoni

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